Mi rendo conto che spesso devo "inventare" qualcosa per consumare questo meraviglioso ingrediente.
La necessità è dettata, sempicemente da motivi salutari, nel senso che lo acquisto per preparare una ricetta, dove è un ingrediente necessario, poi ne avanza un pò e così scatta l'esigenza di preparare qualcosa.
In questo caso, ho subito escluso le torte salate, il quantitativo non era tale da preparare una pasta brisè decente, e non avevo voglia di appesantire la preparazione con latticini, salumi e panne.
Così sfogliando giornali e libri, ho trovato questa ricetta, su uno speciale de La Cucina Italiana, dedicato alle preparazioni al forno.
La ricetta originale prevedeva i piselli, ma io avevo comprato gli asparagi, e così li ho sostituiti, utilizzando lo stesso quantitativo indicato per i piselli.
Frittata.
Quante ricette, pensieri, ricordi, pranzi, merende, si celano dietro questa parola.
La frittata era la colazione, ebbene si, proprio la colazione, golosa, di quando mi svegliavo con una gran fame, e io e mia sorella, disdegnando i vari, e normali, prodotti per la colazione quali biscotti, fette biscottate, marmellate e varie, ci preparavamo una frittata, semplice ma gustosa: uova, parmigiano grattugiato e prezzemolo tritato. Una goduria!
E poi il panino con la frittata ha accompagnato molti dei miei anni universitari.
Disdegnando, con giusta ragione, la mensa universitaria, un pò come tutti gli studenti, vivevo di panini, frutta e acqua minerale.
E quindi, mettendo in moto la fantasia, ai panini classici con salumi/formaggi/latticini, alternavo panini con la frittata.
Ancora ricordo il profumo che si sprigionava quando aprivo lo zaino per prendere un libro, un quaderno, o il mio fedele compagno di studi, il registratore.
E poi le gite con gli amici e le frittatone con zucchine, patate, spinaci, erbette, cipolla, e potrei continuare a lungo.
Ancora ricordo, beati vent'anni!, uno spuntino a base di frittata, preparata con una salsiccia avanzata.
Poi con gli anni, per non appesantire i pasti con uova fritte, ho cominciato a prepararne sempre meno.
Ultimamente, ho ricominciato a cucinarla. A rivalutarla da un punto di vista nutrizionale.
A dargli un significato che va al di là di una semplice pietanza, ma un significato simbolico, di cibo della mia gioventù, della convivialità, dei panini mangiati con gli amici.
E sul filo della memoria, ho preparato questa frittata, fatta al forno, con gli asparagi.
In primavera vivrei di asparagi, mi piacciono moltissimo e ne consumo in gran quantità.
Oltre che i classici risotti, e tante altre ricette gustose, mi piace mangiarli lessati e con un filo di un buon olio extravergine d'oliva.
Quando al mercato ho visto questi pregiati asparagi viola d'Albenga non ho resistito e li ho comprati.
Senza avere alcuna idea in testa.
Tranne, e qui entra in gioco il filo della memoria, il mio amore per questa verdura, che oltre che buona trovo anche bella, e il grandioso romanzo di Proust "Alla ricerca del tempo perduto".
Immancabilmente, in primavera, nel periodo degli asparagi, penso a questo brano, tratto dal primo volume, Un amore di Swann:
"Erano i giorni più belli della primavera. Quel che gli stava senza tregua davanti agli occhi era un parco ch'egli possedeva nei pressi di Combray, dove, dalle quattro in poi, prima di arrivare alla piantagione di asparagi, grazie al vento che soffia dai campi di Méséglise, si gustava sotto una pergola altrettanta frescura che sulle rive dello stagno."
Swann, preferiva rimanere nella calda Parigi, invece che andare a Combray, come era solito fare, perchè non voleva lasciare Odette, la donna della quale si era invaghito.
Trovo queste poche righe, molto evocative e liriche.
Ma è inutile che sto qui a parlare di questa meravigliosa opera, l'ho letta e riletta, e più volte ne ho parlato, sia pure fugacemente, nei miei post.
Tornando agli asparagi, scartato un bel pò di idee, fra le quali il risotto, ho pensato di fare una frittata al forno.
L'asparago di Albenga, un presidio slow food, è caratterizzato dal suo inconfondibile colore violetto, il suo colore non è legato a particolari tecniche di coltivazioni, ma al suo patrimonio genetico: possiede 40 cromosomi, invece dei soliti 20, e quindi non può legarsi ad altre specie.
Il suo sapore delicato, non ama preparazioni troppo pasticciate, è perfetto con un buon olio d'oliva, e la Liguria, si sa, è una terra generosa con gli olii extravergine, ma io, volevo preparare qualcosa di leggermente più elaborato di un asparago lesso, e ho deciso di farne una frittata, cotta al forno, e insaporita da qualche fettina di dolce emmentaler.
L'idea è stata felice, la frittata era buonissima, e il meraviglioso sapore dell'asparago era, comunque, ben definito.
Con questa frittata, partecipo al contest de La Cucina Italiana di questo mese, dedicato alla frittata.
Frittata al forno con gli asparagi
Ingredienti per due persone:
300 g. di asparagi viola di Albenga,
3 uova,
2 cucchiai di parmigiano e pecorino grattugiati,
5 fettine sottilissime di emmentaler,
qualche cucchiaio di latte,
olio extravergine d'oliva,
sale.
Mondate gli asparagi, lavateli e lessateli in acqua leggermente salata, per circa 10 minuti. Devono rimanere croccanti.
Tagliateli a rondelle, battete tre uova, unite il sale, qualche cucchiaio di latte, una fettina di emmentaler tagliata a dadini, i due formaggi grattugiati e gli asparagi.
Ungete una teglia, ricopritela con la carta forno, ungete anche questa e unite il composto di uova e asparagi.
Cuocete, in forno preriscaldato a 200°, preferibilmente con la funzione ventilata, per circa 15 minuti, o quando la frittata si sarà rappresa e dorata, ricopritela con le restanti fettine di emmentaler.
Lasciatele sciogliere nel forno spento.
Servitelo caldo.
Come vino sono rimasta in terra Ligure, abbinando un Pigato.
Questa pizza l'ho preparata qualche giorno fa, in un giorno umido, freddo e piovoso. Una di quelle giornate che sembrano un preludio d'autunno, e così ho pensato che era ancora tempo di mangiare salsicce.
Ad ispirarmi è stato anche il libro di P. Roth, Pastorale Americana, che ho letto qualche anno fa.
Solitamente i libri li rileggo, e spesso tra una lettura e l'altra, mi piace leggere qualche capitolo, del libro.
Pastorale non ha fatto eccezioni, ed ho letto della cena al ristorante, fra N. Zuckermann, l'alter ego di Roth, e lo Svedese, il protagonista del libro.
La cena si svolgeva in un ristorante italiano di New York, descritto con dovizia di particolari, e anche se le pietanze scelte dai protagonisti non erano propriamente la pizza, ho pensato agli emblemi della nostra cucina, e così l'ho preparata.
Credo che, per chi ami la cucina, sia una mostra da vedere. Indipendentemente se si è amanti della cucina e delle sperimentazioni gastronomiche di Marchesi.
Infatti, vi è un'ampia panoramica delle foto dei suoi piatti, delle sue creazioni, oltre che una vasta sezione dedicata alle pentole ed attrezzi da cucina.
Molto interessante anche un video, nel quale spiega come la sua passione per l'arte, pittura e scultura in particolare, siano state convogliate in cucina.
Celebre è il suo omaggio a Pollock col suo dripping di pesce.
L'unica nota negativa è l'orario della mostra, infatti è possibile visitarla fino alle 17:30, e sarà che io sono andata a vederla con una amica amante della cucina quanto me, sarà che abbiamo commentato a lungo ogni foto, dopo quasi 3 ore di visita, è arrivato l'orario di chiusura e non siamo riuscite, ahimè, a visitare altre sale.
Come sempre, si è svolta presso la Scuola di Cucina de La Cucina Italiana, relatrice la Sig.ra Barbara Sighieri, de La Teiera eclettica.
Nell'ambito della degustazione, abbiamo assaporato quattro meravigliosi tè: il Sikkim Temi, il Puttabong, l'Arya Rose, tutti provenienti dall'India, e il Maloom, proveniente dal Nepal.
I tè neri himalayani raccolti in questo periodo, sono pregiatissimi, al punto da essere considerati gli champagne dei tè.
Vengono tutti prodotti alle pendici dell'Himalaya, il primo proviene dal Sikkim, uno stato federato dell'India, mentre l'Arya Rose e il Puttabong provengono dalla zona del Darjeeling.
In questa zona, le piantagioni di tè, all'inizio del '900 erano un centinaio, oggi ne sono rimaste 87.
Proprio grazie alle piantagioni di tè, le popolazioni che vivono nella zona del Darjeeling, godono di molti privilegi, rispetto ad altre zone dell'India.
Il primo raccolto, first flush, ha un sapore vegetale, fresco.
Il secondo, second flush, presenta note più simili alla frutta matura, mentre il sapore di quello autunnale guadagna in corposità.
In questi tè, il processo di ossidazione è più basso rispetto agli altri tè neri.
Proprio per questo sto aggiornando con meno frequenza il blog, e vengo a trovarvi meno assiduamente.
Così, abbiamo pensato di organizzare un incontro per parlare di letteratura in generale, e di quella francese in particolare, infatti il libro al quale mi riferisco è Papà Goriot.
Decidiamo di organizzarlo a casa sua, invitiamo un pò di amici, scartiamo l'idea di comprare delle pizze di asporto e facendo un piccolo sforzo, ognuno di noi porta qualcosa che non necessiti di ulteriori cotture.
Io, incerta fra mille opzioni, decido di rimanere in ambito letterario/francese per il dolce, portando le madeleines e di preparare una focaccia.
Così, consulto i miei libri di ricette, quaderni, appunti, e decido di preparne una di tre gusti diversi, abbinabile sia ai salumi che ai formaggi.
La focaccia con la cipolla mi piace molto, sapevo che un'amico avrebbe portato le alici marinate e decido che un pezzo l'avrei farcito proprio con le cipolle.
E gli altri due?
Semplice, uno con scamorza affumicata e salvia, un abbinamento inconsueto, ma delizioso.
Ottimo con i salumi più delicati, l'altro con pochissima scamorza bianca, crescenza, noci e nocciole, molto buono abbinato con i salumi dal gusto più deciso.
L'idea è piaciuta a tutti, e fra una valutazione di Balzac, Parigi, Proust e le madeleines, l'Italia ha "trionfato" con questa focaccia.
In Italia, tra sabato e lunedì, in varie località, si è festeggiata questa ricorrenza.
La giornata mondiale del tè, non è solo un inno a questa meravigliosa bevanda, ma è anche un'autentica celebrazione dell'amicizia, un modo per incontrarsi con gli amici, ma anche per conoscere nuove persone, amanti del tè e della convivialità.
Di solito, in tutto, o quasi, il mondo, viene organizzata nei parchi cittadini.
I partecipanti si dispongono in circolo, per non creare angoli e quindi punti di discontinuità.
Ogni partecipante porta l'occorrente per preparare il tè per se e per le prime tre persone alla sua destra.
Può offrire qualunque tipo di tè, bianco, verde, oolong, nero e così via. Servito nelle tazze che più ama, o che in quell'occasione ha deciso di portare.
Un rito bellissimo e festoso, un modo per condividere con altre persone il tè che più ami, o che per quella volta vuoi provare, nelle tazze che ritieni più adatte, al tè, o all'umore del momento...
Un rito di generosità, ma anche di fiducia, infatti, al partecipante viene offerto il tè, dalla persona alla tua sinistra. E "rischiare" di bere un tè che non ti piace.
Invece fuori è tutto grigio, il cielo nuvoloso, e di aria primaverile neanche l'ombra!
E vabbè, leggerò. In questi giorni ho intrapreso la rilettura de Le correzioni, scritto da J. Franzen, uno scrittore americano contemporaneo, che molti paragonano, per spessore letterario a P. Roth e P. Auster.
Sarà che di Franzen ho letto solo questo libro, mentre di Roth e di Auster ho letto quasi tutto, ma Franzen, pur piacendomi moltissimo e trovando Le correzioni molto bello e significativo, non riesce a darmi le stesse emozioni di P. Roth e di P. Auster.
Comunque, credo, sia un fattore soggettivo, infatti, la lettura, oltre ad avere una componente logico - razionale, è anche un qualcosa di viscerale.
Quanto al sole, colorerò la giornata con questi rigatoni preparati con un semplice ragù di verdure e triglie.
Un abbinamento perfetto, buono e sano.
Un piatto molto mediterraneo: olio extravergine d'oliva, verdure e pesce.
Come verdure ho scelto le zucchine col fiore, si cucinano in pochi minuti, mantenendo la giusta croccantezza, la carota, per dare un tono dolce e colorato, il cipollotto di Tropea, in stagione, nella mia cucina non manca mai, e i datterini perchè volevo realizzare un ragù con verdure cotte velocemente, e che mantenessero il loro sapore.
La triglia è un pesce che mi piace molto, ed è veramente versatile.
Per dare enfasi al ragù, oltre al peperoncino, ho aromatizzato la pasta, pronta e condita con zeste di limone, che ha fatto da piacevole contrasto alla dolcezza dei datterini, del cipollotto e delle carote.
Avevo anche pensato di preparare con gli avanzi delle triglie un fumetto di pesce, ma come al solito, non avevo tempo.